home > Palazzi > Palazzo della Provincia > Visita al Palazzo
Le vicende costruttive del Palazzo
Il palazzo della Provincia è considerato il più alto esempio di edificio in stile umbertino a Piacenza, caratterizzato dalla fusione dello stile rinascimentale e neoclassico, uniti in un complesso di grande equilibrio spaziale e volumetrico, vivacizzato da elementi Liberty. Progettato dall’Ufficio tecnico provinciale nel 1912, fu successivamente rielaborato nelle attuali forme dall’architetto Manfredo Manfredi già impegnato a Roma in grandi committenze pubbliche il quali monumento a Vittorio Emanuele II in piazza Venezia e il Palazzo del Viminale. Il progetto prevedeva un edificio con ammezzato e due piani superiori. I lavori vennero appaltati ad una ditta piacentina che inaugurò il cantiere nel 1912.
Per contratto l'opera avrebbe dovuto essere conclusa entro il 1913, ma venne portata a termine solo nel 1917. In accordo con il Ministero il pianterreno e buona parte dell'ammezzato vennero riservati all'Ufficio Poste, Telegrafi e Telefoni, non senza polemiche, in quanto per molti consiglieri a costruire la una necessariamente nuova sede delle poste avrebbe dovuto provvedere il Comune.
Al primo piano (attuale secondo) vennero realizzate le sale di rappresentanza istituzionale: l'ufficio del Presidente e la sala Giunta, che si trovavano dove sono tutt'oggi, e la sala Consiglio, che occupava tutta la parte orientale, a destra dello scalone, realizzato in marmo "mandorla chiaro" fornito da una ditta veneta. Al terzo piano trovò spazio l'Ufficio tecnico.
I lavori si protrassero per un quinquennio, ma i piacentini poterono vedere la facciata dell'edificio nell'ottobre del 1914, quando la Provincia decise, a facciata quasi completamente realizzata, di offrirne un'anteprima alla cittadinanza. L'opera era conclusa nel 1917, ma il trasferimento degli uffici non avvenne subito; il nuovo palazzo, infatti, fu pressoché totalmente requisito dalle Autorità militari per essere adibito ad uso scolastico. Anche la sala Consiglio seguì questa sorte e fu ripartita, probabilmente, in un numero imprecisato di aule. La requisizione si protrasse fino al 1919. Le sale vennero restituite alla Provincia in condizioni precarie, a giudicare da quanto riportano i verbali delle sedute di Giunta di quel periodo.
Il secondo piano mancava, allora, di buona parte dell'ala orientale e di tutta la parte verso Sud, che vennero costruite tra il 1957 e il 1963. Ad inizio anni sessanta anche il terzo piano venne esteso a sud, verso via S. Giovanni.
L’Amministrazione Provinciale
La Provincia si insediò nel Palazzo di via Garibaldi più di mezzo secolo dopo la sua istituzione, che avvenne nel marzo del 1860. La prima sede della Deputazione Provinciale fu Palazzo Mandelli, all'angolo tra la via omonima e via Borghetto, attuale sede della Banca d'Italia. Là la Provincia rimase fino al 1887, anno nel quale trasferì i suoi uffici in un edificio acquistato qualche anno prima, Palazzo Scotti da Vigoleno attuale sede della Prefettura, in via San Giovanni, allocandosi al primo piano, mentre il piano terreno era riservato a servizi ed il secondo agli uffici prefettizi. La sede odierna, con fronte su via Garibaldi, allora non esisteva, o almeno non nella sua struttura attuale, in quanto lì sorgeva un edificio a un piano che ospitava la sede delle Poste e dei Telegrafi, che si estendeva in via Vigoleno.
La Giunta poté riunirsi nella nuova sede solo nella primavera del 1921, mentre il Consiglio continuò a tenere le sue sedute, peraltro non frequentissime, nella vecchia sede di via S. Giovanni, per "difficoltà tecniche", come si legge nel verbale della seduta della Deputazione del dicembre 1920, che decise il trasferimento dell'organo esecutivo nei nuovi uffici. Nel 1928 il Consiglio venne abolito dalla legge fascista n. 2692 del 28 dicembre del 1928, che istituì in sua vece un "Rettorato" nominato con decreto ministeriale e presieduto da un Preside nominato con decreto reale.
Il primo Consiglio Provinciale, eletto a suffragio universale nelle consultazioni elettorali del 15 giugno in applicazione dell'articolo 48 della Costituzione Repubblicana, si riunì il 27 giugno 1951. Come sede delle sedute venne scelta la grande sala a pianterreno, nel 1938 lasciata libera dalle Poste, trasferitesi nella sede di via S. Antonino, e nel 1949 tornata a disposizione della Provincia, dopo una temporanea assegnazione all'ANPI.
La sala, si legge nella cronaca di quella prima seduta comparsa sul quotidiano piacentino Libertà, ospitava già i busti di Giuseppe Verdi e di Giuseppe Garibaldi rimasti ai lati del tavolo di presidenza fino a 7 anni fa, quando il salone venne restaurato. Dopo il restauro nel salone è rimasto solo il busto di Verdi, realizzato su incarico della Provincia dallo scultore Pier Enrico Astorri nel 1926, in occasione del venticinquennale della morte del compositore, che fu consigliere provinciale di Piacenza nel 1889-90 e al quale la sala Consiglio è oggi dedicata.
La Provincia possiede un pregiato contingente di opere artistiche, dipinti e sculture, raccolte e acquistate nel corso di un cinquantennio, che sono state distribuite nei diversi ambienti di rappresentanza.