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La chiesa, insieme al convento sul lato sud in gran parte andato perduto, fu iniziata dai Domenicani nel 1220, presso un preesistente chiostro dei Templari a est, andato in gran parte distrutto nell’ultima guerra. Anche questa facciata a capanna, con rosone a colonnine in pietra restaurato dallo scultore Paolo Perotti nel 1970, presenta ancora tracce romaniche, più deboli all’interno. La struttura è a tre navate su pilastri cilindrici in cotto e il ricorso a inserti bianchi nelle membrature, divisa in due settori con parte ricoperta a travature e parte a volte in muratura. Nel 1522, forse su progetto di Alessio Tramello, si procedette all'allungamento del coro e alla costruzione delle volte a botte.
Il presbiterio, su cui troneggia un prezioso altare barocco, presenta importanti affreschi di G. B. Natali, recentemente restaurati per sostegno della Banca locale. Da notare alcuni dipinti appesi alle pareti di destra, una tempera con la Pietà del 1514, una cappella Barattieri con lastra scolpita del 1514, una degli Scotti, con monumento del 1629, e la grandiosa neoclassica cappella della B.V. del Rosario (realizzata dall’architetto pubblico Lotario Tomba) con le celebri tele del piacentino Gaspare Landi e Vincenzo Camuccini, i due più celebri pittori di Roma nei primi anni dell’Ottocento: la Salita al Calvario e laPresentazione al tempio. Sulla destra il maestoso sarcofago in marmo rosso veronese della Famiglia Scotti, una della quattro principali della città e protettrice della chiesa e insediata in numerosi palazzi del quartiere. La piccola sacrestia è sorretta da un grande pilastro centrale e conserva un pozzo. Sul lato del chiostro addossato all'edificio sono visibili alcune tracce di affreschie i sepolcri della famiglia dei banchieri-mercanti Guadagnabene e del chirurgo Guglielmo da Saliceto, che insegnò chirurgia all’università di Bologna e diede importanti contributi allo studio della chimica.
Il convento era costituito da due grandi chiostri che avevano la funzione di dividere gli ambienti di servizio dai locali conventuali e i frati dai novizi. Verso la metà del Cinquecento la chiesa diviene sede del Tribunale dell'Inquisizione (Santo Uffizio) fino al 1769. La chiesa e il convento furono soppressi. Nel 1805, la chiesa viene riaperta come parrocchia nel 1862. La denominazione di S. Giovanni in Canale deriva dall’ubicazione affacciata sul canale o rio Beverora, che in quell’area serviva per l’abbeveraggio delle bestie e poi alimentava i mulini sottostanti verso via Taverna e via Campagna.