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Tra gli edifici sacri piacentini la Basilica di S. Antonino è sicuramente uno dei più interessanti sotto il profilo storico-artistico per la complessità della struttura architettonica (pianta a croce latina rovesciata) e dell'apparato figurativo. All’anno 388 si fa risalire la traslazione nella suddetta basilica del corpo di Sant’Antonino, soldato della legione Tebea, decapitato, secondo la tradizione, nei pressi di Travo nel 303, adottato come patrono della città dal secondo vescovo di Piacenza Savino, che riesumò le sue spoglie nell’ipogeo della chiesetta di S. Maria in Cortina a pochi passi, di fronte. I resti del santo sono ancora oggi conservati in un’urna sotto l’altare maggiore, assieme a quelli di San Vittore, primo vescovo di Piacenza (322-357). La collocazione extra moenia espose la chiesa a continue distruzioni e saccheggi fino alla sua distruzione avvenuta nel X secolo. Data la sua particolare struttura l’edificio è stato considerato il frutto di successive campagne di costruzione, ma studi recenti hanno stabilito che si tratta di un unico cantiere, identificabile con quello finanziato dal vescovo di Piacenza Sigifredo nel 1004. A quest’epoca risale probabilmente l'impianto architettonico della chiesa, compresa la base quadrata della torre, alleggerita da bifore disposte su tre ordini. Al 1172 risalgono le figure del portale laterale , rappresentanti Adamo ed Eva, riconducibili per le loro caratteristiche alla "scuola di Piacenza" formatasi attorno al cantiere del Duomo; il pronao detto del Paradiso è opera di Pietro Vago (1350), periodo a cui risale anche la copertura a volte del corpo longitudinale a schermo delle originarie capriate. La grande importanza della basilica e del Comune di Piacenza è attestata dal fatto che nel 1183 vi si tennero i preliminari della Pace di Costanza, con la quale l’imperatore Federico Barbarossa riconosceva una certa autonomia ai Comuni italiani.
L’interno risulta diviso in tre navate da poderosi pilastri. Il pavimento fu sopraelevato, lasciando, fortunatamente, in evidenza le basi delle colonne risalenti al periodo preromanico. L’eccezionalità di tale costruzione è confermata dalla presenza di affreschi (metà XI secolo) che dovevano coinvolgere l’intero edificio e di cui oggi rimangono ampie tracce nel sottotetto e alla base della torre. Gli affreschi rappresentano un importante ritrovamento sia per la stretta integrazione tra la partitura architettonica e la decorazione, sia per la qualità dei brani pittorici, riconducibili alla scuola lombarda. I personaggi che vi sono raffigurati ricordano le figure greco-bizantine per la fisionomia orientaleggiante e la staticità della figura, ritratta sempre frontalmente o leggermente girata. Gli studiosi ritengono che si tratti di patriarchi e di profeti, uno dei quali è identificabile con Osea.
Al 1624 risalgono gli affreschi absidali realizzati da Camillo Gavasetti, pittore patrocinato dal cardinale Odoardo Farnese. Nel presbiterio sono presenti cinque grandi tele realizzate da Robert de Longe (1693-1695) con le storie di Sant’Antonino, indubbiamente la commissione pubblica più importante del pittore a Piacenza. La pala d'altare rappresenta S. Antonino e S. Savino che venerano la reliquia della S. Spina, mentre le quattro tele alle pareti raffigurano episodi della vita di S. Antonino: la Predicazione, laDecapitazione, il Ritrovamento e la Traslazione del corpo del Santo. Nel 1624, poi, venne collocata nella cappella del Santissimo Sacramento una pala raffigurante l'Ultima cena del grande artista genovese Bernardo Castello, commissionata da Bernardo Morando, anch’egli di origini liguri e poeta di corte presso i Farnese. Al terzo altare a destra un pregevole gruppo in terracotta policromo quattrocentesco.
La fastosa e teatrale cantoria in legno dorato del 1702 attribuibile a Giovanni Setti, che stride in rapporto alle emergenze medioevali, accoglie l’organo dei Lingiardi pavesi del 1837.
Si devono infine segnalare interventi di restauro ottocenteschi e novecenteschi, questi ultimi condotti dall’architetto Giulio Ulisse Arata, rimarchevoli per una rigorosa interpretazione dell’idea di restauro analogico. Sul lato sud si può visitare il chiostro quattrocentesco, interrotto sul lato della strada aperta nel secolo XVII. Alla basilica è annesso un piccolo Museo contenente polittici quattrocenteschi, antichi arredi (VEDERE LA SCHEDA IN MUSEI) e sacre suppellettili; insieme ad esso l’archivio di S. Antonino con pergamene risalenti all’VIII secolo, tra i più antichi della storia medioevale.