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La sala 1
Entrando nel Museo, nella prima sala (colore-guida grigio), vi troverete davanti al punto accoglienza, dove potrete reperire materiale illustrativo riguardante l’archeologia della valle.
All'ingresso del Museo, nella prima sala (colore-guida grigio), vi troverete davanti al punto accoglienza, dove potrete reperire materiale illustrativo riguardante l’archeologia della valle.
Sono inoltre presenti due vetrine. Nella prima sono esposti alcuni reperti fossili illustranti il processo di formazione geologica della val Tidone, mentre la seconda contiene materiale di collezione, donato da alcuni appassionati, non collegabile a nessun sito del territorio piacentino.
La sala 2
La seconda sala (colore-guida azzurro) è dedicata alla preistoria e alla protostoria.
Nel Piacentino al momento iniziale del Neolitico (VI millennio a.C.) sono riportabili lame di selce e bulini, utilizzati sia nelle manifatture tessili sia in quelle ceramiche, inquadrabili nella facies culturale del ‘Vhò di Piadena’.
Al pieno Neolitico (prima metà del V millennio) è riportabile l’aspetto culturale dei ‘Vasi a Bocca Quadrata’ che trova testimonianze in tutta la provincia e particolarmente anche in media Val Tidone.
Con il Neolitico recente si afferma nel nostro territorio la facies di ‘Chassey-Lagozza’, di influsso francese, che ben si esprime in Val Trebbia nel Villaggio di San Andrea di Travo. In Val Tidone appena successivo è il sito di Monte Fernico.
Tra gli ultimi secoli del IV millennio e la fine del III si colloca l’età del Rame, durante la quale si registrano importanti innovazioni tecnologiche come l’invenzione della ruota e dell’aratro oltre alla diffusione della metallurgia. Per tale periodo le testimonianze offerte dal Piacentino sono esigue e sporadiche: asce in pietra levigata, punte di freccia , pugnali in selce.
Mentre, nella media età del Bronzo, il territorio piacentino orientale è interessato dalla facies culturale delle Terramare, come tutta l’area centro-padana, la zona della Val Tidone esprime invece il cd. ‘aspetto occidentale dell’età del Bronzo’, che alcuni studiosi mettono in relazione con la formazione dell’ethnos ligure. In questo ambito si inseriscono sia le evidenze del sito di Rossago presso Ziano Piacentino sia la prima massiccia frequentazione del sito d’altura della Piana di San Martino, che si protrae fino alla seconda età del Ferro (VI-V sec. a.C.) con testimonianze di matrice ligure, celtica ed etrusca.
Di analoga ascendenza sono le testimonianze delle fasi finali dell’età del ferro: ceramiche liguri,
bronzetti golasecchiani, armille in vetro e fibule latèniane
La sala 3
La sala 3 contiene le testimonianze dalla Val Tidone legate ai rinvenimenti di età romana (colore
guida rosso) e tardoantica (colore-guida giallo).
Dopo la conquista romana della pianura padana (la fondazione della colonia latina di Placentia è del 218 a.C.), tutto il territorio venne bonificato e sistemato secondo una rigida suddivisione regolare in lotti di terreno coltivabile da assegnare ai coloni (centuriazione).
Con l’età augustea (27 a.C. - 14 d.C.) la Val Padana conobbe il massimo sviluppo, attestato dal fiorire di vici (villaggi) e di villae rustiche, ossia fattorie costituite da un settore produttivo e da una parte residenziale. Si configura quindi anche per la Val Tidone un quadro di popolamento diffuso concentrato soprattutto sulle prime propaggini collinari, luoghi particolarmente favorevoli all’agricoltura e all’allevamento.
Gli scavi, condotti a varie riprese dall’85 al 2007, nel vicus di Pianello V.T. hanno riportato alla luce alcune strutture riconducibili ad un settore abitativo, dalle quali provengono manufatti legati alla vita quotidiana (vasellame e vetri) e ai commerci (soprattutto anfore), a delineare una fase di vita che dalla metà del I sec. a.C. arriva alla fine del I d.C.
Da Arcello, frazione nelle vicinanze, proviene la testimonianza della presenza di una villa rustica, della cui ricchezza sono indizio i frammenti di intonaco dipinto e le tessere di mosaico pavimentale. Il ritrovamento di suspensurae (elementi circolari per la sospensione del piano pavimentale) documentano la presenza di un impianto termale nella struttura. La villa ebbe una lunga vita: fu abitata fino al V sec. d.C.
Legata al vicus era l’area dedicata alla necropoli, presso la quale doveva trovarsi sia la stele di Valeria Nardis (sala 1), monumento funerario di epoca romana databile alla seconda metà del I sec. d.C., sia una sepoltura ad incinerazione rinvenuta presso Pianello che presenta un corredo costituito prevalentemente da balsamari vitrei.
Materiali di diverse tipologie (ceramica da mensa, balsamari fittili, strigili, alcuni piccoli reperti in osso lavorato) costituiscono il corredo funebre di una sepoltura ad incinerazione trovata a Ganaghello di Castelsangiovanni e sono invece inquadrabili tra la fine del II sec. a.C. e l’inizio di quello successivo.
Proviene da Vicomarino di Ziano il sarcofago a doppio spiovente in calcare rosso di Verona. Tale tipo tombale, che ebbe massima diffusione dopo il II sec. d.C., ospitava generalmente sepolture ad inumazione di personaggi di rango, il cui nome era solitamente inciso su uno dei lati lunghi. In questo caso però il cartiglio non risulta leggibile. Tramite il confronto con altri esemplari è possibile inquadrare cronologicamente il sarcofago al IV-V sec. d.C.
Testimonianze relative a vari aspetti della vita quotidiana sono quelle riconducibili all’abbigliamento, alla lavorazione dei metalli, all’utilizzo di pesi e misure.
Una fornace per laterizi in località Chiarone testimonia la presenza in età romana di un comparto produttivo artigianale.
Il Museo ospita inoltre reperti provenienti dai numerosi rinvenimenti di tutta la valle. Essi comprovano la fitta densità abitativa di questo territorio per tutta l’epoca romana e, nonostante un’evidente contrazione, la continuità di vita in epoca tardoantica . Particolarmente significativi sono alcuni oggetti bronzei d’ornamento (fibule e ganci per cintura) riconducibili alle popolazioni gota e longobarda.
A Trevozzo di Nibbiano reperti bronzei di varia natura e datazione, dai primi secoli dell’Impero (I e II sec. d.C.) alla formazione dei regni latino-germanici (V-VI sec. d.C.), documentano un momento di grave instabilità.
Ovvia rilevanza hanno i risultati delle indagini nel sito della Piana di San Martino, dove sta emergendo un insediamento fortificato inquadrabile tra l’età tardo antica (fine III - inizi IV sec. d.C.) e l’alto medioevo (VIII-IX sec. d.C.).
Riconducibili ad una zona di abitato sono infatti 2 vani, un forno probabilmente finalizzato alla tostatura dei cereali, e una cisterna.
E’ inoltre emerso un edificio a pianta irregolare, da interpretare come una chiesa. Sulla propaggine est, in posizione sopraelevata, sono presenti tracce di un edificio con probabile funzione difensiva, mentre alle sue pendici si trova un ambiente delimitato da poderose mura, che ha restituito manufatti in ferro e pentole in pietra ollare databili ai secoli XII- XIII.
Numerosi sono ancora gli aspetti sconosciuti della Piana di San Martino e questo rende sempre
più fitto l’alone di mistero che la avvolge.
Il Museo ha inoltre in programma la realizzazione di uno spazio espositivo destinato ad ospitare emissioni monetali, rinvenute nel bacino della Val Tidone, databili dal II sec. a.C. ad epoca moderna.