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Di Francesco Hayez, il caposcuola italiano del Romanticismo, si espone un Ritratto di uomo del 1834, un dipinto dalla resa smaltata ed analitica, con la figura collocata in posizione frontale, che risalta dal fondo verde grigio e dalla tiepida luce del colletto alto di pelo.
Dello stesso periodo anche i due dipinti di Giovanni Carnovali, un paesaggio e un ritratto, entrambi connotati da una pennellata sciolta ed evocativa e La partenza del coscritto (1862), di Gerolamo Induno, ispirato all’epopea risorgimentale ma in una versione che schiva l’enfasi a vantaggio di un tono sobriamente patetico.
Presenti anche testimonianze del movimento macchiaiolo con i dipinti di Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Telemaco Signorini, Raffaello Sernesi, Giuseppe Abbati e Cristiano Banti. Con le opere di Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni e Luigi Conconi si ritrova anche la stagione scapigliata e, in genere, il naturalismo lombardo, fino alle ricerche di un artista come Giovanni Segantini, presente con un quadro fortemente drammatico, La culla vuota del 1881, appartenente alla fase predivisionista, ma già fortemente simbolico vista la presenza del nero, che evoca il tema della morte. La stagione divisionista è rappresentata dalle opere di Gaetano Previati, Pelizza da Volpedo e Angelo Morbelli. Una sala monografica è quella dedicata alle opere di Antonio Fontanesi, pittore caro a Ricci Oddi, tra i maggiori pittori di paesaggio dell’Ottocento italiano, forse l’unico in grado di essere paragonato con i grandi paesaggisti inglesi e tedeschi.
Il collezionista volle anche documentare le premesse della pittura fontanesiana in Piemonte, i rapporti con gli artisti stranieri e il lavoro degli stessi allievi. In questa sala spicca lo Stagno di Auguste Ravier (1880 ca) , l’opera preferita di Ricci Oddi. Un’altra sezione è dedicata ad Antonio Mancini, pittore romano, interessato, si direbbe, più che al soggetto allo sfoggio di una bravura coloristica e materica. L’artista inseriva nei suoi dipinti frammenti di madreperla, reticoli di spago, una scelta innovativa per l’epoca. Si prosegue poi con la pittura dell’Italia Meridionale, ben rappresentata da Domenico Morelli, dai fratelli Palizzi, e dall’insuperabile Francesco Paolo Michetti.
Non mancano gli artisti piacentini: una sala monografica è interamente dedicata a Stefano Bruzzi. Nel 1931 all’inaugurazione della Galleria questa saletta era vuota. Nel 1934 si pensò di allogare qui opere di Stefano Bruzzi, partendo da due dipinti del Ricci Oddi. Il pittore è simbolo di autentico folklore con i suoi paesaggi bucolici e fortemente rappresentativi dell’attività contadina della Val Nure. La sala dei piacentini, ora in allestimento, sarà riaperta al pubblico nel mese di settembre 2011 e sicuramente manterrà nomi del calibro di Francesco Ghittoni e Luciano Ricchetti. Ad occupare il posto della vecchia sala dedicata ai piacentini, un vero gioiello: una sala intera dedicata ai macchiaioli toscani, donata in comodato alla Galleria per dieci anni e rappresentante il gusto del vecchio Cabinet d’Amateur. Qui sono esposti quadri di piccolo formato (addirittura delle dimensioni di portasigari) che documentano il movimento pittorico della macchia dalla metà dell’Ottocento con Fattori, Signorini, Boldini, Zandomeneghi fino ad arrivare alla tendenza post-macchiaiola della prima metà del Novecento.
Ricci Oddi acquisì inoltre opere di artisti italiani trapiantati a Parigi come quella dell’artista veneziano Federico Zandomeneghi, che con la sua Place d’Anvers (1880) partecipò nel 1881 alla VI Mostra degli Impressionisti e l’opera di Giuseppe De Nittis.